Costruttori …. ma con forfait
Se la Ferrari é presente dal 1950, la Mclaren dal 1966, la Williams dal 1969 (come team), se case automobilistiche come Mercedes o Renault/Alpine sono senza dubbio presenze significartive, é altrettanto vero che nella sua lunga storia la Formula 1 ha visto apparire e subito scomparire costruttori che, magari, hanno disputato solo una manciata di Gp se non solo uno, in altri casi neppure si sono qualificati. Ma anche questi ultimi hanno fatto scendere in pista una monoposto con pilota e squadra, magari ridotta, di tecnici e meccanici al seguito, insomma sono reali….
Tuttavia negli elenchi dei Gran Premi compaiono anche nomi assolutamente enigmatici, squadre e costruttori che avevano annunciato la presenza e poi… chi li ha visti? A corredo della loro “partecipazione” rimane una sola parola nelle statistiche : forfait.
Le motivazioni sono diverse, tecniche, economiche o legate al regolamento, ma in qualche caso sorge il dubbio: ma esisteva veramente una monoposto in grado di mettere le ruote in pista? Andiamo a scoprirle seguendo un rigido ordine alfabetico:
Berta.
La Berta è una casa automobilistica argentina, famosa per aver partecipato e vinto numerose gare. Negli anni ’70, fù fondato un campionato locale chiamato “Formula Mecanica”, molto simile alla Formula 1 e alla F5000, . Ma già il team aveva grandi ambizioni: infatti il cercò di entrare nelle competizioni americane con una F5000, ma mancavano i fondi e quindi il progettò saltò. Ma le motivazioni non mancavano e l’obiettivo prossimo era la F1. Berta decise di costruire una Formula 1 sempre sulla base della F5000. A differenza del progetto destinanto probabilmente alla IndyCar, il progetto F1 viene completato e testato nel mese di febbraio, decise di fare una mossa azzardata: compra il V8 Ford Cosworth dalla Brabham, uno dei più potenti. Montato il motore, la macchina migliorava sempre di più, ma aumentarono i problemi di affidabilità. Ad un certo punto però i motori finirono e di nuovi non c’era neanche l’ombra, l’unica soluzione era ripararli, ma il team era pronto a partecipare alla prima e alla seconda gara della stagione 1975 di Formula 1, l’ultimo motore a disposizione andò in frantumi e le prime due gare erano a serio rischio. Wilson Fittipaldi, che aveva anche lui creato un team 100% brasiliano, prestò uno dei suoi V8 al team argentino, che poté sperare ancora di partecipare almeno alla prima gara dell’anno. Ma il motore prestato da Fittipaldi causa forti vibrazioni su tutta la vettura, a tal punto che dopo una decina di giri il telaio subiva forti deformazioni, cosi Berta il pilota Nestor Garca-Veigas, non presero parte alla prima gara e alla stagione di F1 1975.Oreste Berta decise allora di concentrarsi sulla Formula Mecanica, fino al 1979, anno in cui il campionato venne chiuso a causa di mancanza di fondi.
Cosworth
Su incarico della Ford e del proprietario della Lotus Colin Chapman, nel 1966 Costin e Duckworth unirono due motori a quattro cilindri FVA in un unico motore V8, creando il DFV (Double Four Valves, ovvero “doppio quattro valvole”, dove “doppio” è riferito alla fatto che fossero due testate derivate dal FVA) e “quattro valvole” evidentemente al numero di valvole per cilindro) che sarebbe diventato leggendario in Formula 1. . Si trattava di un motore semplice, robusto e molto potente; infatti, vinse già alla sua prima gara, il Gran Premio d’Olanda 1967, montato sulla Lotus 49 di Jim Clark. A partire dal 1968 fu a disposizione di ogni costruttore che desiderava acquistarlo. Questo diede vita alla F1 degli anni settanta in cui la gran parte delle squadre costruiva la propria vettura intorno a un Ford-Cosworth DFV e a un cambio Hewland (Enzo Ferrari li definì per questo “assemblatori”) avendo poi mano libera su telaio e meccanica. Il risultato finale fu di 155 vittorie in Gran Premi fino al 1983, oltre alle edizioni del 1975 e del 1980 della 24 Ore di Le Mans. Cosworth ha provato a realizzare una intera vettura di Formula 1 per il Campionato mondiale del 1969, su progetto di Robin Herd, caratterizzata da una trasmissione a 4 ruote motrici realizzata in proprio (oltre naturalmente al motore DFV, in una versione di magnesio). Avrebbe dovuto gareggiare al Gran Premio di Gran Bretagna ma il progetto fu cancellato senza ulteriori annunci e Herd lasciò l’azienda per fondare la March. Il pilota sarebbe dovuto essere Trevor Taylor, già compagno di squadra di Jim Clark alla Lotus dal 1961 al 1963 e con una certa esperienza anche se da qualche anno fuori dal mondiale.
Ekström Grand Prix Team
L’Ekström Racing era gestito dalla svedese Cecilia Ekström e da suo marito, lo svizzero George Paulin – secondo altre fonti: Georg Paulin o Georg Paolin che vantava presenze nelle formule minori ma con pseudonimi….Dopo sporadiche presenze nella neonata F.3000, condite anche da cause legali per stabilire il possesso della March utilizzata, Cecilia Ekström decise di passare alla Formula 1, che considerava solo leggermente più costosa della Formula 3000. Alla fine del 1985 Ekström ha aperto una sede nel comune svizzero di Ilanz nei Grigioni, dove a volte lavoravano fino a 14 collaboratori. L’ingresso inizialmente previsto per l’inizio della stagione 1986 di Formula 1 non si concretizzò. Prima Cecilia Ekström posticipò il debutto al Gran Premio di San Marino nel 1986, infine promise l’inizio della stagione 1987. Alla fine, non c’è stata nessuna gara di Formula 1. Il concetto di Cecilia Ekström prevedeva l’uso di paydriver. Ha contattato i piloti Kenny Acheson, Philippe Alliot, Eje Elgh e Roberto Moreno durante l’inverno del 1985/86 e ha offerto loro un abitacolo di Formula 1 nella sua squadra a pagamento. Elgh ha riportato in retrospettiva una richiesta di 500.000 dollari USA.Tutti rifiutarono; solo Mauro Baldi, che era rimasto senza contratto dalla chiusura della Spirit Racing nella primavera del 1985, era disposto a mediare $ 300.000 in denaro di sponsorizzazione. Tuttavia, la disponibilità dei suoi finanziatori a pagare era legata al precedente completamento di un’auto. Inoltre, Cecilia Ekström ha cercato di conquistare investitori svedesi e svizzeri come sponsor, tra cui la catena di moda H & M e l’Associazione svizzera delle banche, ma non ha avuto successo in ogni caso. All’inizio del 1986, Ekström ingaggiò un certo numero di ingegneri che progettarono concetti e dettagli di una vettura di Formula 1 uno dopo l’altro e talvolta in parallelo. Tra questi Richard Divila, Tim Feast, Wiet Huidekoper, Dave Kelly e Christian Vanderpleyn, che avevano lavorato. per AGS, RAM, Reynard e Zakspeed, tra gli altri. Hanno lavorato per Ekström solo per un breve periodo. Ekström non ha ottenuto il permesso di lavoro necessario per la Svizzera per nessuno di loro; alcuni sono stati espulsi dalla Svizzera dopo poco tempo. In molti casi, non è riuscito a pagare. I primi progetti di Tim Feast per l’auto da corsa, internamente chiamata Ekström GP-8601, erano simili alla RAM03 che Feast aveva lavorato alla costruzione dell’anno precedente. Ekström prevedeva il motore turbo a sei cilindri della Motori Moderni sviluppato da Carlo Chiti, che correva esclusivamente alla Minardi dal maggio 1985, ma che fu offerto anche ad altre squadre e, secondo le idee del suo progettista, avrebbe assunto il ruolo del Cosworth DFV liberamente disponibile nell’era turbo. Da Chiti Ekström ricevette un manichino di legno del motore, ma non un campione funzionale.I piani di Ekström per la sua auto non furono realizzati. Secondo una fonte, Ekström commissionò la costruzione di una monoscocca a un anonimo produttore italiano; a causa della mancanza di finanziamenti, tuttavia, non è stato costruito nulla. Nel febbraio 1986, Ekström mostrò una monoscocca di Formula 1 in un’intervista alla televisione svizzera; Secondo una fonte, tuttavia, questa era una parte inadatta di una ATS D7 del 1984. Dopo che era diventato chiaro che la sua auto non sarebbe nata, Cecilia Eström cercò nella primavera del 1986 di rilevare le vecchie auto da corsa del Team Haas (USA), che erano equipaggiate con motori Hart. Alla Haas, queste vetture, chiamate Lola THL1, erano diventate obsolete nella primavera del 1986 dopo che il team ottenne l’accesso esclusivo ai motori turbo Cosworth L’acquisizione è fallita perché Ekström e Haas non sono riuscite a mettersi d’accordo sul finanziamento.
EL
Si perde nella note dei tempi della F1 la mancata partecipazione della EL, iniziali Erik Lundgren, svedese, che avrebbe anche dovuto pilotarla al Gp di Germania, numero di gara 96. La EL Special aveva motore Ford ed infatti il progetto derivava da un telaio Ford ribassato, un motore Ford V8 con teste Ardun e un corpo sportivo in alluminio a ruote scoperte, probabilmente il forfait fu causato dalla mancanza di risorse.
MBM Monteverdi Binningen Motors
La MBM FJ Porsche prese parte realmente al GP Solitude in Germania Iil 23 luglio 1961, nella gara extra campionato il pilota Peter Monteverdi, svizzero e costruttore di automobili, percorse solo due giri. in seguito la vettura fu iscritta alla gara del mondiale in Germania, prevista per il 6 agosto, numero di gara 29, ma l’auto é indisponibile per un incidente ad Hockeneim e non si vedrà più in altre occasioni a causa del ritiro dalle gare di Monteverdi, i resti della sua creatura vennero sepolti nelle fondamenta di un nuovo showroom nel suo garage originale. Nel 1990 acquistò la scuderia Onyx di Formula 1, ribattezzandola Monteverdi-Onyx, senza però ottenere punti nel campionato mondiale. L’anno successivo non partecipò alla competizione, sebbene la nuova macchina fosse già stata costruita.
MSM Mauritz von Strachwitz München
Mauritz-Bodo Baron von Strachwitz und Gross-Zauche per gli amici Mauritz von Strachwitz , classe 1929 appartenente ad una nobile famiglia tedesca con antiche tradizioni militari, anche se la città natale ora fa parte della Polonia, cerca di partecipare al IX Internationales Avusrennen ad Avus nel 1953, ma non possiede la licenza per correre., il 2 agosto é iscritto, con il nr. 13 (quasi mai usato in F1) al Gp di Germania ma non partecipa alla gara. La MSM era spinta da un motore V6 Lancia Aurelia modificato che erogava circa 160 CV, montato in un leggero telaio a doppio tubo con sospensioni Lancia standard. Con una carrozzeria attraente di Rupflin, il peso complessivo della vettura era di circa 580 kg. Sfortunatamente von Strachwitz ha perso la patente di guida in un incidente stradale all’inizio dell’anno . Non gli fu permesso di correre ad Avus e quando cercò di partecipare al Gran Premio di Germania al Nürburgring ne seguì lo stesso risultato. Tuttavia ha avuto modo di prendere parte a una sessione pre-pratica non ufficiale. Ha ottenuto la patente più tardi nel corso dell’anno, ma a quel punto aveva deciso di smettere di correre.
Realpha
La gare in Sud Africa hanno sempre rappresentato una realtà a parte, basti dire che si volgeva un vero e proprio campionato nazionale di F1, al Gp mondiale per anni hanno preso parte monoposto assemblate localmente, una di queste , la Realpha RE 1 Alfa Romeo partecipò al VII Rand Grand Prix nel 1964 percorrendo 23 dei 50 giri, il pilota era Ray Reed e la squadra si chiamava, appunto, Ray’s Engineering, nel 1965 si iscrive alla gare del mondiale con il nr. 26, ma poi non partecipa. L’auto fu costruita da Ray Reed nella sua base di Gwelo, ed era strutturalmente basata su una Cooper. Come molte auto di Formula Uno sudafricane dell’epoca, era equipaggiata con un motore Alfa Romeo Giulietta. La vettura apparve in seguito al Gran Premio di Rhodesia del 1966, l’ultimo round del Campionato Piloti Sudafricano di quell’anno, iscritto dal pilota locale Peter Huson, ma si ritirò dalla gara dopo un incidente. Reed, rhodesiano, morirà nel 1970 in un incidente aereo.
SVA Societa Valdostana Automobili
Attiva a Torino presso le Officine Leone dal 1948 al 1951. La sede amministrativa della società era a Pont-Saint Martin, in Valle d’Aosta. La SVA venne fondata da Virgilio Conrero e Giovanni Savonuzzi per proseguire la realizzazione di una vettura da corsa per la categoria Midget commissionata dalla “Leyfield Co. of America”. Per la progettazione e realizzazione di questa vettura, il cui progetto di massima era stato presentato sulla rivista Interauto nel maggio 1948, Conrero e Savonuzzi avevano fondato inizialmente la società GOBI (acronimo di difficile interpretazione). Il passaggio da questa alla SVA fu dettato dall’uscita di scena degli americani. La vettura fu pronta per l’autunno dello stesso anno, distinguendosi per l’originalità e l’eleganza. Il ricordato disimpegno degli americani e il flop della tournée di piloti e macchine della categoria. Midget in Inghilterra e Francia, portò a ripensare l’auto in vista di un possibile utilizzo nelle corse di Formula 1. Dipinta con i colori della Svizzera, in onore del pilota Rudolf Fischer, la SVA partecipò al primo impegno della stagione 1950: il Gran Premio di San Remo, sul circuito di Ospedaletti. Schierata in ultima posizione, la SVA si rivelò veloce, superando diverse auto già alla prima curva, ma fragile, non riuscendo a concludere il primo giro di gara. Il dileguarsi di Fischer impedì alla SVA di dare seguito alle iscrizioni alle corse successive di Erlen e Berna. Della vettura furono realizzati due esemplari. Dopo la delusione di San Remo, uno venne acquistato dal gentleman torinese Ugo Puma che, montato un motore Ermini 1100, lo condusse alla vittoria di classe e al sesto posto assoluto alla Susa-Moncenisio. L’altro venne invece acquistato dal preparatore bolognese Pasqualino Cazzato che lo schierò senza fortuna, con motore Giannini 750, nell’edizione 1951 (ritirato) della Mille Miglia. Nel 1951 il progetto SVA venne definitivamente abbandonato. Fischer risultava iscritto dalla Ecurie Espadon al Gp di Svizzera del 1950 (nr. 38)
Talbot-Darraq
Al Gp d’Italia del 1950 Enrico Plate iscrive due Talbot-Darraq 700 per Luigi Plate e Franco Bordoni, ma poi non partecipano, era una automobili costruita negli anni 20 dalla Talbot, diventata poi Talbot Lago e presente al Gp, si tratta quindi di una citazione a puro titolo statistico, la Talbot-Darraq 700 aveva partecipato al Gp d’Italia di Formula Libre nel 1928 con la Scuderia Materassi, in quella gara perse la vita Emilio Materassi.
Trussardi
Trussardi Jeans & Benetton. Nel corso degli anni ’80 la Benetton, nota casa di moda italiana, decide di affacciarsi come sponsor al mondo della F1, per sfruttare appieno le enormi opportunità di visibilità e copertura mediatica offerte dal Circus, sponsorizza prima la Tyrrel e poi l’Alfa Romeo. Nella seconda parte del 1985, il brand italiano decide di iniziare a sponsorizzare una piccola squadra inglese, la Toleman. Nonostante i magri risultati ottenuti, la famiglia Benetton decide di puntare tutte le sue fiches sulla Toleman, e dopo qualche contrattazione nell’Inverno tra 1985 e 1986, viene finalizzato l’acquisto della piccola scuderia inglese, e della sua factory ad Enstone, da parte della casa trevigiana, segnando così il passaggio definitivo da mero sponsor a proprietari a tutti gli effetti di un team di F1. E’ ufficialmente nata la Benetton F1. Avendo visto gli ottimi risultati ottenuti dal marchio Benetton in F1, un altro brand italiano di moda decide di affacciarsi al mondo delle corse: Trussardi.Il piano del marchio italiano è piuttosto semplice: utilizzare la Formula 1 come veicolo promozionale. Si inizia a delineare il sogno di una vettura griffata Trussardi. C’è solo un problema: manca la suddetta vettura. Ma il management del brand italiano non si fa scoraggiare da questi dettagli e si accorda con la Benetton affinchè gli ceda le sue B186 equipaggiate dai turbo BMW. Le vetture vengono affidate alle cure del team Middlebridge. La Middlebridge si occupa di aggiornare le vetture ai regolamenti del 1987 e la Trussardi annuncia la sua intenzione di partecipare alle ultime sei gare di quella stagione con una sola vettura in vista di un impegno totale nel 1988. Vengono pure identificati i piloti che porteranno in pista la vettura rinominata Trussardi-B186 nella fase conclusiva della stagione 1987. L’italiano Emanuele Pirro, uno dei protagonisti del campionato di F3000, la guiderà nei GP di Italia, Spagna, Portogallo e Messico. Sarà invece il giapponese Aguri Suzuki a guidare la monoposto nei conclusivi appuntamenti in Giappone e Australia.Fervono i preparativi in vista dell’imminente debutto. Si parte subito con un appuntamento importante: il GP di Italia a Monza, undicesima prova del mondiale 1987. E’ la gara di casa per il marchio Trussardi e per Pirro. Trussardi sa di avere messo le mani su di una ottima vettura. Può contare su uno dei motori turbo più potenti in circolazione revisionato da Megatron, viene iscritta con il numero di gara 31.Però la monoposto non passa l’ispezione tecnica da parte della Federazione.
La Trussardi-B186 è perfettamente in regola dal punto di vista tecnico, ma… c’è un problema. Dagli inizi degli anni ’80 in F1 vige una regola secondo cui un team non può schierare una vettura prodotta e condotta in gara da un altro costruttore.La regola, voluta di concerto da Ecclestone e dalla Federazione, era stata pensata per sopprimere il fenomeno dei cosiddetti “privatisti“. Infatti, nel corso degli anni ’70, costoro acquistavano le vecchie vetture dismesse da team più blasonati e si iscrivevano a singole gare per il piacere di tentare la qualificazione a un GP di Formula 1. La vettura schierata dal team Middlebridge e griffata Trussardi è palesemente la Benetton dell’anno precedente, ergo, rappresenta la violazione della regola di cui sopra. I commissari del circuito brianzolo, in realtà, vorrebbero ammettere al via la vettura, molto probabilmente perchè trattasi di un team italiano. La Federazione però, è categorica: la Trussardi viola il regolamento vigente. Di conseguenza, se vuole correre deve costruirsi una sua monoposto o affidarsi a un qualche specialista nel settore della fabbricazione di telai. Quel che è certo, è che non può schierare la vettura portata in pista da Benetton l’anno prima. Il team non demorde e prova a schierare la vettura nelle successive gare ma viene sempre respinta dai commissari perchè non rispetta il regolamento. A fine 1987, il team decide di gettare la spugna e il sogno della Trussardi di debuttare in F1, ricalcando il successo ottenuto dalla Benetton con un proprio team, naufraga definitivamente. La Middlebridge trascorrerà ancora qualche anno in F3000, ottenendo un discreto successo e annoverando tra i suoi ranghi piloti come Damon Hill e David Brabham. Il team coronerà il proprio sogno di entrare in F1, acquistando la moribonda Brabham nel ’91. Dopo solo un anno e mezzo condito da mediocri risultati e cronica mancanza di fondi, collasserà a metà del ’92 a causa del fallimento dei soci giapponesi dietro la scuderia.